Investire in Area Euro, tra promesse e incertezze

Quando è consigliabile investire in Area Euro? Riuscirà la Banca Centrare Europea a sostenere i mercati, nonostante i possibili (tristi) scenari futuri?

La zona Euro sta vivendo tempi di enorme volatilità, borsisticamente parlando.

Ormai non c’è settimana in cui non si assista a corposi rialzi o ribassi dei maggiori indici nazionali.

Quando non ci sono notizie negative a minare la fiducia degli investitori, i mercati tendenzialmente salgono, spinti dalle forti iniezioni di liquidità della Banca Centrale Europea, che proseguono sempre più ingenti e su diversi fronti.

E’ innegabile tuttavia che le strategie della BCE non abbiano ancora portato risultati tangibili e soprattutto non abbiano ancora rassicurato completamente i mercati sulla loro effettiva capacità risolutiva.

Proviamo ad elencare, a grandi linee, quali sono i punti critici che minano la tranquillità degli investitori europei.

Ci limitiamo alle questioni prettamente europee, consapevoli che ormai i rischi sistemici possono portare a scossoni a livello mondiale e non solo regionale. Allo stesso modo, eventuali criticità su mercati extra-europei (rallentamento Cina in primis) sicuramente possono avere forte impatto nell’andamento delle nostre borse.

L’inflazione in Europa non decolla

La ripresa dell’economia dell’area Euro passa inevitabilmente da un aumento dei consumi e dell’inflazione.

La crescita dell’inflazione è il principale obiettivo della BCE, che ha potenziato ulteriormente le iniezioni di liquidità nei mercati, imponendo di fatto alle banche di far circolare il denaro nell’economia reale.

Fino ad ora non si sono visti i risultati. L’obiettivo è di avvicinarsi ad una inflazione pari al 2%. Siamo ancora lontanissimi: dopo un timido 0,3%, su base annuale, a Gennaio 2016, nella successiva rilevazione si è tornati sottozero, per poi raggiungere di nuovo lo 0% in Marzo.

Tuttavia la BCE non si arrende (e alzare bandiera bianca porterebbe ad un crollo generalizzato): chi ci crede può puntare su strumenti obbligazionari inflation-linked per cavalcare un eventualmente aumento dell’inflazione (esiste anche il BTP-Italia, anche se correlato all’inflazione italiana e non europea).

Dubbi sulla stabilità delle banche

Il crollo di inizio anno è dovuto (anche) a questo. Ci sono timori che il settore bancario Europeo possa mantenersi in piedi.

Per evitare che il fallimento di una banca si possa ripercuotere negativamente sulla solidità degli stati è stato ufficializzato il bail-in, ovvero quel sistema per cui, in ultima analisi, le perdite di un istituto bancario devono essere ripianate dai correntisti. Questa nuova normativa ovviamente non tranquillizza i risparmiatori, che a questo punto temono anche di lasciare i soldi in banca.

Mario Draghi, nel suo discorso all’IMFC (International Monetary and Financial Committee) in Washington DC, 15 April 2016, pur riconoscendo che le banche attualmente possiedono una maggiore stabilità, ammette che l’alto livello dei non performing loan continua a pesare come eredità della crisi.

I “non performing loans” sono, in parole povere, i crediti deteriorati, ovvero i crediti di riscossione incerta da parte degli istituti finanziari.

La Grecia è ancora in crisi

La prossima estate, con ogni probabilità, si ripresenterà il problema Grecia. Il prestito ponte per il salvataggio dello scorso luglio non ha consentito una ripresa e una stabilizzazione del paese ellenico.

Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale (FMI), che sono i principali creditori della Grecia, continuano a discutere sulla revisione del piano di salvataggio. Non c’è ancora un accordo sugli obiettivi da raggiungere nel breve (in termini di rientro del deficit) e sull’effettiva efficienza delle riforme attuate finora dal Governo Tsipras.

I più temerari possono provare a speculare sulle oscillazioni dei bond governativi, sfruttando le oscillazioni dello spread a seguito di notizie positive/negative. Di pari passo con i bond greci, ovviamente si registreranno oscillazioni più o meno marcate anche sui Titoli di Stato degli altri paesi periferici (come Spagna, Italia, Portogallo).

Brexit

Dopo la Grexit, la Brexit. Il 23 Giugno la Gran Bretagna va al voto per decidere se uscire dall’Unione Europea.

Nella pagina del Financial Times, il referendum è spiegato in ogni minimo dettaglio, con tutte le implicazioni che il voto potrebbe avere. Gli exit poll del 12 aprile sono all’insegna dell’assoluta incertezza: 43% Stay, 42% Leave. Gli indecisi sono fondamentali per il voto.

Un’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, potrebbe portare allo sgretolamento dell’Unione. A quel punto ritroverebbero forza e vigore tutti i movimenti anti-europeisti che sono sorti di recente e, di fatto, ogni paese potrà trovarsi di fronte a referendum simili.

Gli investitori che vogliano speculare sull’evento Brexit, possono prendere posizione sulla Sterlina Inglese. Un’uscita dall’Unione potrebbe provocare un forte indebolimento della Sterlina (già siamo su questo trend). In tal caso si potrebbe puntare al rialzo sui cambi USD/GBP e EUR/GBP.

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