La crisi del Brasile ad un anno dalle Olimpiadi

A meno di un anno dalle prossime Olimpiadi di Rio, il Brasile sta vivendo un periodo molto critico. Recessione, timori di default, scandali e corruzione.

Sembrano lontani i tempi in cui i famosi paesi del BRIC crescevano esponenzialmente, per la gioia di tutti gli investitori.

Il Brasile (la “B” dell’acronimo Bric, insieme a Russia, India e Cina) sta vivendo una crisi sempre più profonda, per colpa di fattori esterni ed interni.

Il principale fattore esterno negativo è il basso prezzo di molte materie prime, in particolare del petrolio, di cui il Brasile è esportatore.

A un anno dalle Olimpiadi

Dal 5 al 21 agosto 2016, il Brasile ospitera le Olimpiadi.

Parliamo di un’occasione troppo importante per un paese, che ha ovviamente puntato su questo evento per rilanciare la propria immagine agli occhi del mondo, dopo aver ospitato anche i mondiali di calcio del 2014.

Le Olimpiadi furono assegnate al Brasile nel 2009 e, in quel periodo, gli indicatori economici del paese erano molto positivi.

L’indicatore economico principe di un paese è l’andamento del PIL. Gli ultimi dati parlano chiaramente di un Brasile in recessione (di seguito la variazione del PIL trimestrale dal 2010 a oggi).

Brasile - Andamento PIL dal 2010 a oggi

Quasi ad ufficializzare una situazione critica conclamata, è arrivata la bocciatura da parte dell’agenzia di rating S&P che il 10 settembre, ha declassato i Titoli di Stato del Paese al livello junk (o spazzatura): BB+.

Per chi non lo sapesse, essere declassati a rating BB+, significa passare da un livello di investment grade (ovvero un livello di rischio basso o moderato), al livello speculative grade.

Di conseguenza, tutti i fondi di investimento di un certo livello (fondi sovrani ad esempio), che per statuto devono investire su titoli sicuri, sono stati costretti a vendere i Titoli di Stato brasiliani, provocando un crollo delle quotazioni ed un aumento dei rendimenti. Al momento della scrittura dell’articolo, il rendimento del decennale brasiliano è oltre il 15% (la Grecia è meno del 9%, per avere un paragone).

Per studiare tutti gli indicatori economici aggiornati, potete visitare la nostra Scheda Paese dedicata al Brasile

Materie Prime a prezzi scontati

I prezzi così bassi (da record) delle materie prime sono un grosso problema per il Brasile che, come tante altre realtà emergenti, fonda la sua ricchezza sulle esportazioni.

Esportando principalmente petrolio e gas, il Brasile si trova ora a convivere con prezzi di vendita scontati tra il 50% e l’80% rispetto agli anni scorsi.

E in un contesto in cui tutte le valute dei paesi emergenti soffrono, non fa eccezione il Real brasiliano, che è crollato al minimo degli ultimi 12 anni sul dollaro. Al momento della scrittura dell’articolo, per acquistare un dollaro ci vogliono 3,87 Real brasiliani. L’anno scorso in media ne bastavano 2,50. Nel 2010 anche meno di 2.

Questa svalutazione pesa moltissimo sulle aziende brasiliane, che hanno emesso obbligazioni in dollari nei momenti del boom delle materie prime. Il colosso petrolifero Petrobras, ad esempio, ha raccolto 52 miliardi di dollari sui mercati obbligazionari statunitensi. Restituire le obbligazioni (in dollari) sarà quindi sempre più oneroso.

Meglio evitare scommesse sul Brasile

E’ vero che gli investitori intelligenti sono quelli avidi nei momenti in cui tutti fuggono, ma in questo caso stiamo veramente giocando d’azzardo.

Chi volesse comunque scommettere sulla ripresa del Brasile può scegliere strumenti semplici come ETF, puntando direttamente sul paese, oppure scegliendo un paniere di paesi emergenti, tra cui ovviamente il Brasile occupa un ruolo rilevante.

  • Lyxor UCITS ETF Brazil (IBOVESPA) – Isin: FR0010408799
  • iShares MSCI Brazil UCITS ETF (Dist) – Isin: IE00B0M63516
  • iShares MSCI Emerging Markets UCITS ETF (Dist) – Isin: IE00B0M63177

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